I misteri degli egiziani. Testo greco a fronte

I misteri degli egiziani. Testo greco a fronte

Tra i filosofi neoplatonici, il siriaco Giamblico (250-325 d.C. circa) fu considerato, nella tarda antichità e nel Rinascimento, uno dei più famosi. Maestro ideale di Giuliano l'apostata, pensatore che esercitò una grande influenza su Proclo e Damascio, e, un millennio più tardi, su Marsilio Ficino, Giamblico fu filosofo non soltanto interessato alle ardue e sottili speculazioni metafisiche, ma anche al recupero delle tradizioni religiose, mistiche e misteriche delle culture pagane. Tra di esse ha un posto preminente l'Egitto. Quella nazione aveva prodotto una civiltà e una cultura alla quale anche i Greci (che pure non erano propensi a riconoscere presso i 'barbari' l'esistenza dei valori della 'paideía') fin dai tempi più antichi si volgevano con ammirazione e interesse. Giamblico è una testimonianza importante di questo interesse per la civiltà e per la religione egiziana. Egli si volge con viva partecipazione a considerarne alcune tradizioni, perché vuole enuclearvi quegli aspetti misterici che sono funzionali a una filosofia aperta a istanze religiose (strettamente pagane, però), come fu quella del neoplatonismo. Spinto da questo interesse, Giamblico scrive un'opera in cui l'elemento filosofico, che attinge agli "Oracula Chaldaica", e le tradizioni magiche e teurgiche della Grecia tarda costituiscono un amalgama affascinante. Note di Claudio Moreschini. La presente traduzione segue il testo approntato da Ed. des Places, "Les mystères d'Egypte", Paris, Les Belles Lettres 1966 (terza edizione 1996), che si riproduce a fronte.
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