Viale dei misteri
«Quasi tutti i ragazzini della discarica sono credenti; forse perché è necessario credere in qualcosa quando si vedono tante cose gettate via. E Juan Diego sapeva quello che sa ogni bambino della spazzatura (e ogni orfano): ogni stupidaggine gettata via, ogni persona o cosa non voluta, è stata voluta una volta, o, in circostanze diverse, avrebbe potuto essere voluta.» Invecchiando, e anzitutto quando ricordiamo e sogniamo, viviamo nel passato. Certe volte è lì che ci sentiamo vivi veramente. In viaggio dagli Stati Uniti alle Filippine, lo scrittore Juan Diego Guerrero, cinquantaquattro anni, sogna il suo passato in Messico. Sogna la discarica dove ha trascorso l'infanzia e l'adolescenza, luogo desolato ma anche, per un bambino quale è lui, prodigiosa montagna di rifiuti da cui sfilare e trarre in salvo i libri. Juan Diego sogna l'adorata sorellina Lupe e i suoi borbottii incomprensibili a chiunque tranne lui, Lupe che sapeva leggere i pensieri delle persone e che amava veramente soltanto due cose: suo fratello e tutti i cani. Juan Diego sogna e risogna i gesuiti dell'orfanotrofio di Oaxaca, e sogna un'incombente statua della Vergine Maria, e anche quell'incredibile incidente avvenuto tra sua madre e la statua della Madonna. Sogna, Juan Diego, ricorda e sogna, entrando e uscendo - complice un'assunzione non proprio ortodossa di betabloccanti e pastiglie più o meno intere di Viagra - da luminosi attimi che nella sua mente sono eterni e bui recessi nei quali continua a sprofondare.