Sacrificio nella steppa. La tragedia degli alpini italiani in Russia

Sacrificio nella steppa. La tragedia degli alpini italiani in Russia

"Ho bisogno solo di qualche migliaio di morti da gettare sul tavolo delle trattative": così nell'estate del 1940 Mussolini giustifica all'allora capo di stato maggiore, Pietro Badoglio, l'ingresso dell'Italia nella Seconda guerra mondiale. E quando un anno dopo Hitler invade la Russia il Duce, abbagliato dalla possibilità di una vittoria veloce a fianco dei nazisti e della spartizione del bottino, invia in poche settimane un corpo di spedizione a sostegno delle truppe tedesche. Il prezzo di questa decisione, frutto di un calcolo cinico quanto catastroficamente sbagliato, è altissimo: dei 220.000 soldati italiani che nella primavera 1942 sono dislocati sul Don solo 100.000 tornano a casa. Impreparati sul piano militare, mal equipaggiati, guidati da comandi incompetenti e costretti a subire continue umiliazioni anche dai propri alleati, soccombono alla forza d'urto dell'esercito sovietico e al martirio della ritirata, alla fame, al gelo, alle condizioni disumane dei campi di lavoro e di rieducazione. Alla fine della guerra, le esigenze dei veterani si perderanno nel turbinio della retorica patriottica e la verità sul trattamento ricevuto da parte dei russi e le grandi sofferenze patite verrà sacrificata alle esigenze della propaganda politica: "Dite che siete stati bene" ordinerà qualcuno. A settant'anni dalla campagna di Russia, Hope Hamilton ripercorre la storia del corpo degli alpini attraverso le testimonianze di chi partecipò alla spedizione.
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