La scienza degli addii
Kiev, primo maggio 1919: in un ritrovo di giovani artisti e letterati, Nadezda Chazina - non ancora ventenne, ebrea, studentessa di pittura - incontra un giovane dalle lunghe ciglia che recita versi misteriosi e incantatori. Nadezda è sorpresa da un brivido. C'è qualcosa in lui che irrazionalmente sente di condividere: "la sventatezza, e la coscienza di una catastrofe ineluttabile". Lui è il bizzarro e anticonformista Osip Mandel'stam, uno dei più grandi poeti del Novecento, un nomo - ma questo Nadezda lo capirà solo più tardi - che ha "i tratti dell'ebreo errante, dell'esule perfetto". Nella Russia sconvolta dalla Rivoluzione e dalla guerra civile, tra speranza e paura, nasce un amore assoluto e invincibile, segnato dalla costante presenza della poesia, che si fa rovente strumento di libertà. Separati per quasi due anni dalle turbolenze della storia, Nadezda e Osip si ritroveranno nel 1921 e non cesseranno di amarsi fino a quando, nel 1938, al culmine del terrore staliniano, Osip sarà deportato e morirà in un gulag siberiano. E se non morirà la sua poesia sarà merito esclusivo di Nadezda - indomabile nell'amore e nel coraggio come apparve a giovani visitatori della sua vecchiaia quali Iosif Brodskij e Bruce Chatwin - che per anni aveva ricopiato, nascosto, distribuito ad amici fidati i versi del marito, fino a diventarne la memoria vivente: a decenni dalla morte di Osip, le sue opere scampate alla condanna di Stalin torneranno a parlare agli uomini e alle donne di tutto il mondo. Indagine accurata di fatti e verità sepolti dall'oblio, il romanzo di Elisabetta Rasy racconta questa passione totale sullo sfondo di una delle più terribili tragedie del Novecento. È una narrazione trascinante che ci restituisce il tempo, le emozioni, il destino crudele e grandioso di due figure indimenticabili.
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