Il re e Margherita. Amore e morte nell'Italia di casa Savoia

Il re e Margherita. Amore e morte nell'Italia di casa Savoia

Umberto e Margherita si sposano a Torino il 22 aprile 1868. Lui, principe ereditario, ha ventiquattro anni; lei, duchessa di Genova, figlia di un fratello di Vittorio Emanuele II, ne ha diciassette. Sono cugini primi, ma questo per Casa Savoia non è un problema. Il loro viaggio di nozze è un grandioso tour promozionale in favore dell'istituto monarchico. È per merito loro, infatti, che la monarchia sabauda, da piemontese, diventerà realmente nazionale. Per merito soprattutto di Margherita, dotata di intuito politico, che sa cosa fare e dire per suscitare l'entusiasmo popolare. A Firenze, Genova, Venezia, Napoli, Palermo, dovunque è un tripudio di folle osannanti. L'apice della popolarità la giovane coppia lo raggiunge l'anno successivo, quando dalla loro unione nasce Vittorio Emanuele, il terzo Savoia destinato a diventare re d'Italia. Ma ben presto Margherita scopre che Umberto ha da molti anni un'amante, la bellissima Eugenia Litta Visconti Arese, famosa e corteggiata dama di Milano, conosciuta casualmente a una festa di carnevale; un'amante per la quale Umberto nutre una passione destinata a durare tutta la vita. A questo punto Margherita, dopo due soli anni di matrimonio, si ritira dal ruolo di moglie: resterà accanto a Umberto e reciterà dignitosamente la sua parte di consorte per il pubblico, ma ognuno dei due avrà la propria vita. Del resto Margherita, anche se non può esser definita bella in senso stretto, non è priva di fascino, ha l'ammirazione di poeti, da Panzacchi a Carducci a D'Annunzio, e non manca di cavalier serventi. Avvincente ritratto di una coppia principesca e poi regale, la cui esistenza quotidiana rivive grazie alla consueta abilità narrativa di Silvio Bertoldi, "Il re e Margherita" è anche un grande, magistrale affresco dell'Italia di fine Ottocento, che tocca alcuni punti cruciali della storia italiana: la creazione dell'immagine di una monarchia nazionale, il sogno di un'espansione coloniale in Africa (finito nella tragedia di Adua), l'aspro conflitto politico tra i notabili liberali, l'ascesa del movimento socialista e anarchico e le spinte reazionarie e autoritarie, talvolta assecondate dal re. Fino al tragico epilogo: la morte di Umberto, assassinato il 29 luglio 1900 a Monza dall'anarchico Gaetano Bresci che intendeva in tal modo vendicare le vittime della repressione del generale Bava-Beccaris a Milano nel 1898; repressione nei confronti della quale "il re buono" aveva avuto parole di elogio.
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