Petrarca, l'italiano dimenticato

Petrarca, l'italiano dimenticato

Per secoli riconosciuto come padre della tradizione letteraria italiana, memorizzato, imitato, plagiato da schiere di scrittori e di poeti, Francesco Petrarca viene nell'Ottocento risorgimentale e romantico accantonato, quasi rinnegato. Considerato l'emblema di una società aristocratica e clericale, non può non entrare in conflitto con la tensione laica e borghese che anima un popolo in cerca di riscatto dalla dominazione straniera; simbolo per eccellenza dell'autonomia della poesia e del lavoro intellettuale, non può non scontrarsi con il nuovo bisogno di letteratura impegnata, che accende i cuori ai valori politici, etici e civili. Così, nella galleria di antenati con cui l'Italia fonda la propria identità di nazione, a Petrarca è preferito Dante, poeta filosofo e dell'azione, che ebbe il coraggio di parlare la lingua viva e multiforme del popolo: Dante è il campione della lotta ai tiranni, l'autentico padre degli italiani; Petrarca è il simbolo di una letteratura chiusa in se stessa: è un non italiano, anzi il non italiano per eccellenza. Amedeo Quondam inquadra nelle sue linee essenziali questo autentico "colpo di stato" (o "congiura") delle patrie lettere e lo fa rivolgendosi al lettore con estrema chiarezza e semplicità. Dando voce a testimoni illustri come Foscolo, Leopardi, Alfieri e De Sanctis, fa rivivere in queste pagine una fase cruciale della nostra storia culturale e lo fa soprattutto per interrogarsi sul presente: oggi che le ideologie sono crollate e i nazionalismi si temperano per dare corpo a organismi che riuniscono identità differenti, come l'Unione europea, è possibile finalmente riabilitare Petrarca e con lui il modello estetico ed etico di una letteratura orgogliosa di essere autonoma e indipendente?
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