Istinto e spettri
"Per te Ischia restò sempre l'isola felice./ lo invece volevo la terraferma,/ per fare dell'isola una vita". Questi versi rapinosi e sigillanti introducono meglio di ogni parafrasi alla poesia di Annelisa Alleva, autrice ancora giovane che ha alle spalle piccole eccellenti pubblicazioni, ma esordisce qui e ora con un libro organico e importante. E' una voce forte, inconfondibile, difficile da definire, ma se volessimo semplificare diciamo che è poesia d'amore, la sua, che torna prepotentemente a rappresentare i venti della passione e l'ebbrezza del tempo che trascorre, vissuto non come tragedia ma al contrario come prova del suo esistere e della vita stessa. I luoghi, Pietroburgo, Procida, l'Irlanda, rivelano che questa è anche poesia di viaggio, dove il mondo esterno è vissuto in simbiosi con quello interiore, in sintonia e dissonanza, in relazione vitale: il viaggio non è solo nei luoghi, ma in ogni evento del reale, e il retroterra dell'autore, traduttrice e studiosa di scrittori russi, favorisce la nascita di una poesia d'amore, della natura, dell'avventura nel tempo, del bruciare delle cose, insomma una poesia impetuosa come un vento che sollevi l'anima del mondo. Il paesaggio, gli interni, si scompongono come in un mosaico bizantino, per ricomporsi in un movimento nel quale sentiamo il gorgoglio dell'acqua e il crepitare del fuoco, la forza che brucia in noi e ci fa vivere.
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