Mistica comparata e dialogo interreligioso
India, secolo XX: il 14 luglio 1973, a Rishikesh, il monaco benedettino Henri Le Saux vive l'esperienza del risveglio; "Ramana Maarshi" trasmette il messaggio delle Upanisad senza la mediazione dei testi scritti; "Ananda-mayi Ma", "essenziata di beatitudine", in "samadhi", realizza "l'advaita". Personaggi di confine o, meglio, sopra il confine, "testimoni dell'Assoluto", che Caterina Conio incontra nelle grotte, negli eremi, negli "asram" dell'India, dopo aver a lungo meditato sulla "Mandukya Upanisad", il più astratto dei testi vedantici. Caterina ne comprende l'eccezionale "portata mistica" e la penetra a fondo, attraverso il confronto con le altre scritture della tradizione dell'Oriente e dell'Occidente. Discute la prima tesi alla Cattolica di Milano su un testo sacro non occidentale, la "Mandukya", che continua ad approfondire per il suo dottorato alla Banaras Hindu University. Sente il "bisogno metafisico" di un dialogo filosofico-religioso tra i due emisferi. A Varanasi, Raimon Panikkar sarà suo diretto interlocutore. E così Caterina Conio continua negli anni la ricostruzione del pensiero delle personalità esemplari cristiane e non: del Gandhi mistico e "karma-yogin", del sacerdote Jules Monchanin, che, con l'abito ocra e il nome indiano, rimane per sempre fedele in tutto alla Chiesa cattolica, degli impavidi "Vinoba" e Thomas Merton, che con attitudine ascetica hanno promosso la giustizia sociale e il dialogo interreligioso.
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