Contadini perfetti e cittadini agricoltori. Nel pensiero antico
Il libro presenta le idee degli antichi greci e romani riguardo all'agricoltura e alla vita di campagna. Sono considerati non solo gli autori tecnici, i cosiddetti 'scriptores rei rusticae' (Catone, Varrone, Columella, Plinio il Vecchio), ma anche pensatori e letterati che hanno riflettuto sulla natura, le finalità , il significato dell'attività agricola: dai greci Esiodo e Senofonte ai romani Cicerone, Orazio, Marziale, Virgilio, senza trascurare i due massimi filosofi dell'antichità Platone e Aristotele: i quali, nel progettare le loro città ideali, si sono occupati anche dei problemi della distribuzione della terra e della gestione agraria. Viene messo in risalto il primato costantemente attribuito dagli antichi all'agricoltura, quale attività moralmente superiore e diversa rispetto a tutte le altre attività umane. In considerazione dello spazio dedicato all'esame delle loro opere, il libro si propone anche come una introduzione al pensiero economico-sociale degli agronomi latini, di cui viene evidenziata la peculiare posizione intellettuale. Essi appaiono infatti sostenitori di una morale del lavoro e della produzione agricola, contrapposta alla cultura dell''otium' (possibilmente campagnolo) caldeggiata e praticata dall'aristocrazia intellettuale e proprietaria, di cui Cicerone è un esponente di spicco. Esaminati con la curiosità del sociologo che si occupa dell'agricoltura dal punto di vista della storia delle idee, i trattati agronomici latini dimostrano che gli uomini antichi furono in grado di conciliare una interpretazione utilitaristica delle finalità dell'attività agricola, considerata anche una fonte di giusto guadagno e di misurato arricchimento, con una visione profondamente etica della natura dell'agricoltura: come pratica religiosa, servizio reso alla natura, particolare modo di vivere e di lavorare.
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