Donare la morte

Donare la morte

'Testimonianza', 'amicizia', 'responsabilità', 'perdono', 'segreto': sono i termini che hanno permesso alla recente produzione di Jacques Derrida di mettere a fuoco, in modo sempre più radicale, la realtà di generazione dell''io'. In "Donare la morte" è il rapporto tra il 'segreto' e la 'responsabilità' che muove il lavoro del filosofo francese, che di questa coppia di termini rintraccia le strutture costitutive fino agli estremi limiti: al termine di una serrata analisi si scoprirà che il segreto non è semplicemente il nascosto, l'inaccessibile, ma "il rapporto fra l'io e la sua origine", e che la responsabilità è il nome proprio dell'inappropriabile costituzione dell'io. Un terzo termine però spiazza ed inquieta il rapporto tra segreto e responsabilità: la 'morte', che viene pensata non tanto come mancanza e limite di un io che si suppone padrone di sé, ma come riconoscimento di un dono che è il movimento generativo dell'io che viene prima del suo esistere e del suo sapersi. Attraverso una lettura dei "Saggi eretici" di Patocka e delle discussioni sul rapporto fra il bene e il segreto in Platone e nel linguaggio cristiano, la morte viene indicata come il luogo senza luogo della verità dell'io. E ancora, nel racconto biblico di Abramo e del prospettato sacrificio di Isacco viene ulteriormente rilanciata la questione del segreto in rapporto alla responsabilità: rilancio che approda - ma, come sempre in Derrida, in vista di nuove sfide del pensiero - all'impossibilità di un'etica del dono che non si lasci misurare da un segreto abissale ed insieme generativo dell'umano. Delle risorse di questo segreto sembra vivere sia la questione della fede ebraico-cristiana, che apre la pensabilità di un segreto di Dio, sia la questione, come tale, del sapere.
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