L' uso di sé. Il concetto di «uso» in Kant e la questione del fondamento della filosofia trascendentale

L' uso di sé. Il concetto di «uso» in Kant e la questione del fondamento della filosofia trascendentale

«Kant ci ha dato i risultati. Le premesse mancano ancora» - è così, con febbrile trepidazione, che un giovane Schelling dettava lapidariamente a Hegel l'agenda della filosofia a venire: la ricerca del «fondamento» della filosofia trascendentale. Una questione che, a dispetto del suo nome ro - boante, riguarda gli aspetti più familiari della nostra vita conoscitiva: da dove provengono quelle strutture «pure e a priori» che rendono possibile la nostra esperienza? Da quale «fatto» ne risulta il «possesso»? Ratificato dallo stesso Kant - con la sua Deduzione - il 'miracolo' della legittimità dell'applicazione delle «categorie» alle «apparenze» sensibili, ecco affollarsi attorno al 'mistero glorioso' della loro scaturigine tutto uno stuolo di accorati 'amici' della filosofia kantiana, sui quali già Kant, citando un noto proverbio napoletano, ebbe a scrivere: «Dagli amici mi guardi Iddio, che dai nemici mi guardo io». A esiti sorprendenti - e per nulla scontati - conduce allora rileggere l'intera opera di Kant attra - verso il caleidoscopio di quell'attività trasformativa sensibile di cui è intessuto ogni nostro gesto quotidiano: «uso» (Gebrauch). Un termine impiegato inaspettatamente in senso tecnico, che conta innumerevoli occorrenze nei testi del periodo delle Critiche, ma che non viene mai esplicitamente messo a tema da Kant, creando difficoltà e imbarazzi al traduttore come all'interprete. Posto a fondamento della conoscenza «pura e a priori», l'«uso» è abile di dissolverne il 'miracolo' svelandone la radice recondita, e di scioglierne il 'mistero glorioso' in una serie di processi di pro - duzione di canone, di strategie di omissione, di procedimenti disciplinari e di atti mancati certo terragni, ma dagli esiti inevitabilmente sovrasensibili. Frequentando il lato in ombra della «rivolu - zione copernicana» di Kant, la faccia irregolare e accidentata che mai si dà a vedere, se ne possono scorgere le 'macchie' anche nei suoi raggi più luminosi: i prodotti più genuini e raffinati della speculazione umana, quelli che meno sembrano sorgere dall'esperienza - rendendola talvolta addirittura possibile - scaturiscono di fatto da complicate tecniche di omissione, concentrazione e controllo; dagli esiti incerti e a volte fallimentari di determinate «tecniche di sé».
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