Libertà e giustizia per tutti. Cosa possono fare le Corti contro la discriminazione negli Stati Uniti d'America
La promessa di fedeltà alla bandiera con la quale si aprono le sedute del Congresso, così come le lezioni in molte scuole, recita che gli Stati Uniti sono "una nazione, guidata da Dio, indivisibile, con libertà e giustizia per tutti". Eppure, a guardare la storia americana, libertà e giustizia sono state sempre il privilegio di alcuni, non certo di tutti. Perché alcuni individui, distinti per razza, genere, orientamento sessuale, nel tempo sono stati umiliati, perseguitati, espulsi dal consesso civile? E perché i pregiudizi su cui quelle persecuzioni si fondavano, per secoli solidi come roccia, sono a un tratto divenuti ingiusti? Quale ruolo possono svolgere le Corti per promuovere l'abbandono di forme sociali e giuridiche vessatorie e discriminatorie? Questo libro ripercorre la storia americana mettendo a nudo la violenza originata dal bisogno di ordine sociale che conduce alla stigmatizzazione delle diversità. Questa inquietante e avvolgente narrazione, tesa fra i dialoghi di Socrate, le parabole cristiane, le teorie di Freud e l'antropologia di Mary Douglas, parte e torna alla giurisprudenza della Corte Suprema, quando ha decretato la legittimità della schiavitù, quando ha costituzionalizzato gli interessi del capitale, quando ha finalmente saputo riscrivere la storia dei diritti civili negli Stati Uniti.
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