Rimetti a noi i nostri debiti. Forme della remissione del debito dall'antichità all'esperienza europea contemporanea
Vuoi per cinico calcolo "affaristico", vuoi per "humanitas", vuoi per valutazioni di ordine pubblico, creditori e governi hanno spesso battuto strade alternative per fronteggiare l'insolvenza, alternative alla messa a morte del "perfido debitore", al carcere e ad altre pene infamanti: le strade del buonismo e del perdonismo, costellate di dilazioni, moratorie, sconti, benefici vari. E anche cancellazioni. Oggi il consumatore "dalla vita a rate", dai pagamenti virtuali con carta di credito in rosso o del tipo "revolving" non può essere messo fuori gioco dall'insolvenza, perché l'economia di consumo, che caratterizza buona parte dei paesi industrializzati, ha bisogno di lui e deve offrirgli una seconda possibilità. Ciò significa ammettere, in una certa misura, la cancellazione del suo debito. O l'esdebitazione, come si dice con espressione tecnica. Se nell'immaginario comune - e nella sua coscienza bibliografica - la storia dell'insolvenza è principalmente una storia di sanzioni, questo libro assume come punto centrale di prospettiva la non-sanzione, ovvero la remissione del debito nelle sue molteplici forme: nell'antica Roma, le leggi sulla cancellazione, le "indulgenze" fiscali e le dilazioni per rescritto del Principe; nell'Europa medievale e moderna, con i "respiri" concessi attraverso le lettere sovrane; nell'Europa contemporanea, i termini di grazia nelle loro svariate declinazioni, fino alla controversa materia del sovraindebitamento del consumatore.
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