Ragazzi, si copia. A lezione di imbroglio nelle scuole italiane
Così copian tutti: i maschi come le femmine, i figli della borghesia come quelli degli operai, alle elementari come alle medie e alle superiori, nei licei come negli istituti tecnici e professionali, al Nord come al Sud. In molti casi a farlo sono 9 su 10. Dopo averlo fatto provano indifferenza o sollievo, ma anche soddisfazione e fierezza. Dobbiamo stupircene, in una scuola ormai arresa alla cultura del consumo, all'individualismo rampante, allo sprezzo delle regole? Gli studenti non si sentono impegnati a mettersi alla prova e migliorarsi, ma clienti/consumatori che "godono" di un servizio. Li incoraggia un clima di tolleranza che smentisce il principio di autorità, svuota di senso la cittadinanza, mina il rispetto della legalità. La pedagogia della comprensione è diventata benevolenza a buon mercato o addirittura complicità. Con la benedizione di tutti: dai genitori agli insegnanti, fino al raffinato intellettuale secondo cui copiare e far copiare sono nientemeno che "un dovere... un'espressione di quella lealtà e di quella fraterna solidarietà che costituiscono il fondamento dell'etica". Un fair play all'italiana che all'auspicio "vinca il migliore" risponde come fece un famoso allenatore di calcio: "Speremo de no!".
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