La legge della razza. Strategie e luoghi del discorso giuridico fascista
Gli anni Trenta del Novecento segnano un passaggio cruciale nel percorso evolutivo dette tematiche razziali nell'intero continente europeo e nella penisola italiana, non solo il discorso biologico si mescola a quello politico, ma la difesa della razza diviene uno specifico programma di governo che trova compiuta espressione in appositi testi legislativi. La cultura giuridica è chiamata ad operare con categorie - quali quella di "razza", "ebreo", "ariano" - nuove, in grado di subordinare il godimento dei tradizionali di riti civili e politici alle origini etniche di ciascun individuo. In che modo i giuristi italiani hanno preso parte al processo di trasposizione di una nozione extra-giuridica, quale quella di razza, nell'ambito del sistema giuridico? Quale fu il loro contributo alla costruzione e al funzionamento della atroce dicotomia cittadino italiano di razza ariana-cittadino italiano di razza ebraica, introdotta con i decreti del 1939? Come fu accolta questa dicotomia in un momento in cui nomi di origine notoriamente ebraica figuravano tra quelli dei più illustri giuristi del tempo? Il volume analizza in quale maniera i giuristi giunsero a definire i Leitmotive del "diritto razzista" legittimato quale nuova speciale branca del diritto.
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