Avvocati e avvocatura nell'Italia dell'Ottocento
L'ordinamento dell'avvocatura e l'esercizio della pro¬fessione forense hanno conosciuto una serie di trasformazioni profonde nel cruciale periodo di transizione dal diritto comune alle moderne codificazioni. Gli anni del dominio napoleonico con l'introduzione dei codici e l'avvento degli ordini professionali che subentrano alle corporazioni di antico regime hanno portato, con il contributo attivo di Giandomenico Romagnosi, a regole nuove per l'accesso alla professione, poi variamente modulate negli Stati preunitari (Sara Parini) e rivedute - in parziale consonanza con critiche e rilievi di personaggi esterni alla professione quali Melchiorre Gioia (Gian Paolo Massetto) - sino al Quarantotto ed oltre (Claudia Storti). Dopo l'unità, la fondamentale legge del 1874 ha per la prima volta creato un regolamento omogeneo alla professione forense mediando tra le diverse tradizioni preunitarie, ad esempio quanto al binomio tradizionale tra procuratori e avvocati. Su questa base si è sviluppata una rilevante giurisprudenza sul tema della responsabilità professionale (Angela Santangelo), mentre fiorivano anche testi di divulgazione, manuali «fai da te» per aiutare il cittadino non giurista a far luce da solo nella selva dei tecnicismi giuridici (Annamaria Monti). Di queste trasformazioni sono espressione viva alcune figure di avvocati oggetto di altrettanti saggi qui raccolti, tutti eccetto uno solo operanti nella Lombardia pre- e postunitaria.
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