La massoneria a Livorno. Dal Settecento alla Repubblica
Città di mare e di porto, cosmopolita per sua natura, politicamente, culturalmente, socialmente vivacissima. Nella fisionomia così particolare di Livorno, si inserisce come presenza forte la storia della fratellanza fra i liberi muratori. Le prime logge massoniche furono fondate a Livorno verso il 1730 per iniziativa della comunità mercantile inglese e attecchirono profondamente nel tessuto sociale e culturale della città. Sopravvissuta alle persecuzioni della Restaurazione, la massoneria livornese tornò a rifiorire dopo l'Unità, quando in una città di neppure centomila abitanti furono attive decine di logge, in cui transitarono i maggiori esponenti delle forze politiche locali: dall'anarchico Jacopo Sgarallino all'industriale Luigi Orlando, dal deputato crispino Dario Cassuto al giornalista giolittiano Alceste Cristofanini, dal sindaco Rosolino Orlando, liberale moderato, al sindaco Francesco Ardisson, che all'inizio del Novecento guidò la prima giunta di sinistra della città. Molti massoni livornesi, fra i quali il deputato Vittorio Ezio Marzocchini, furono tra gli iniziali fiancheggiatori del movimento fascista, da cui si distaccarono dopo la marcia su Roma. Proprio per i connotati popolari e democratici della locale trama associativa massonica, la repressione fascista fu poi particolarmente spietata e lasciò ben poco spazio per una presenza liberomuratoria organizzata, che poté riprendere soltanto dopo la liberazione. Il volume, opera di studiosi di diversa formazione, ricostruisce questa storia plurisecolare sulla scorta di una ricca documentazione inedita d'archivio. E mira a evidenziare i fattori che hanno consentito alla massoneria di entrare inequivocabilmente fra gli elementi distintivi del codice identitario livornese.
Momentaneamente non ordinabile