La malattia inglese. La melanconia nella tradizione filosofica e medica dell'Inghilterra moderna
Che cosa è la melanconia? Perché nelle isole britanniche divenne uno dei disturbi più diffusi tra Cinque e Settecento, tanto da essere soprannominata "la malattia inglese"? E, soprattutto, come mai un problema apparentemente solo medico sollevò un dibattito che coinvolse medici, teologi, letterati, filosofi e moralisti? Il tema della melanconia si rivela uno snodo fondamentale della cultura inglese della prima età moderna perché incrocia i temi più dibattuti del periodo: lo statuto scientifico della medicina e i suoi rapporti con la religione e con la magia, la relazione tra anima e corpo, la funzione delle passioni e la possibilità di controllarle attraverso la ragione, il rapporto tra processo di civilizzazione e malattie nervose. La ricerca si sviluppa in due direzioni. Dapprima, attraverso l'analisi di trattati medici e lo studio di opere a sfondo teologico-morale, ricostruisce il dibattito tra due grandi tradizioni in conflitto, quella medico-scientifica e quella filosofico-religiosa, a partire dal problema della possessione demoniaca. Ripercorre poi analiticamente lo sviluppo del dibattito interno alla tradizione medica inglese sulle cause e sulle terapie della melanconia. Il punto d'approdo di questa ricerca, che si dipana prendendo in esame i tre grandi paradigmi che si confrontavano nel XVII secolo (il paradigma galenico di Robert Burton, quello iatrochimico di Thomas Willis e quello empirista di Thomas Sydenham), è l'analisi del "Treatise of the Hypochondriack and Hysterick Diseases" di Bernard Mandeville, un'opera nella quale troviamo esposta per la prima volta una terapia dei disturbi nervosi fondata sulla parola e sul rapporto dialogico tra medico e paziente.
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