Per salvare i viventi. Le origini settecentesche del cimitero extraurbano
I cimiteri posti fuori dell' abitato sono il frutto d'una riforma settecentesca di portata europea, che incontrò forti opposizioni perché lesiva di pratiche religiose radicate nel vivere sociale; giunse infatti a compiuta realizzazione soltanto nel secolo seguente. Questo libro studia la riforma delle sepolture in relazione alla politica dell'assolutismo illuminato, alle conquiste della scienza e alle esigenze di riforma religiosa, partendo dal caso del cimitero di Modena (1771-1778), per la cui costruzione fu scritta un'opera destinata a singolare fortuna, il "Saggio intorno al luogo del seppellire" di Scipione Piattoli. Il cimitero modenese fu tra quelli che, basati su un progetto di totale, definitivo allontanamento dei defunti, trasformavano il modo di rapportarsi dei vivi con i morti, mutando il senso da dare alla vita non solo nella prospettiva della sua fine, ma anche in relazione al passato, alla memoria e alla storia. La riforma delle sepolture rientrava in un progetto globale di disciplinamento sociale tendente ad accentrare e ad annientare il potere dello Stato, il quale, sotto la guida di un Principe illuminato, doveva anche proteggere la salute pubblica. Ma importanti furono anche gli aspetti religiosi della riforma, che aveva lo scopo sia di sottrarre all'esclusivo dominio della Chiesa il territorio della morte, sia di controllarne la gestione sostenendo forme di 'pietà illuminata', secondo idee riconducibili a matrici di stampo giansenistico, in varie forme allora assai diffuse in tutta l'Europa.
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