Credere e non credere
I surrogati hanno preso il posto delle credenze genuine; al bisogno di sperare e credere rispondono gli 'inganni enormi' delle ideologie, le 'menzogne utili' a un'esistenza di piccolo cabotaggio quotidiano. La prima guerra mondiale ha decretato la fine dell'unica credenza che nella società europea abbia succeduto al decadere della fede religiosa: la credenza nel progresso dell'umanità, nella razionalità di una Storia che l'uomo era in grado di governare. Da allora, il nostro è il tempo della malafede. La crisi del rapporto tra la coscienza individuale e la storia è l'argomento di questo libro: chiamando a testimoni una serie di romanzi esemplari (da Stendhal a Tolstoj, da Martin du Gard a Malraux, a Pasternak), Chiaromonte ne illumina la parabola per disegnare, in un bilancio severo e teso, le circostanze morali della nostra età che, dopo i disastri delle ideologie totalizzanti, s'inchina all'empia 'malafede' del benessere, all'egocentrico soddisfacimento materiale, all'esistere cieco e fortuito. La via d'uscita, conclude Chiaromonte, sta nel tornare a un rapporto diretto e nudo con sé e il mondo: "per ritrovare ciò che è essenziale e ciò che non lo è, ciò che importa e ciò che non vale, per sperimentare infine di nuovo la differenza fra il falso e il vero".
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