Dal PCI al PDS
Nella tradizione del Pci, almeno fino agli anni '80, il mutamento è sempre stato un'operazione promossa dalla leadership, sulla spinta - ben controllata - di avvenimenti esterni (la destalinizzazione, il golpe cileno); si cambia cioè strategia (dalla grande coalizione all'alternativa) per raggiungere la stessa meta (la trasformazione socialista del paese). Molto più ardua si rivela l'operazione avviata dopo la sconfitta elettorale dell'87 e conclusasi nel '91 con la nascita del PDS, un'operazione che va a intaccare l'identità stessa del progetto comunista. Il rinnovamento della leadership, con la nomina a segretario di Occhetto nell'88, segna l'inizio di una trasformazione che dapprima è lo stesso segretario a dirigere, ma che poi assume ritmi sempre più incalzanti e incontrollabili per la pressione degli eventi oltre cortina. La 'cosa' nasce così tra scontri, lacerazioni, verifiche di indentità, come perdita - dovendo sconfessare, tagliare il passato - più che come progetto autonomo. Ma quanto il nuovo PDS è diverso dal vecchio PCI? Tra la vischiosità del legame originario con il socialismo reale e il tentativo di acquisizione di tratti innovativi, il nuovo partito oscilla, teso verso una difficile identità e provato dal trauma dell'abbandono delle antiche certezze.
Momentaneamente non ordinabile