La fiera delle tasse. Stati nazionali e mercato globale nell'età del consumismo
Si è spezzata la catena Stato-territorio-ricchezza. Un tempo bastava allo Stato controllare il territorio per controllare la ricchezza, che nel territorio trova il suo naturale baricentro, e dunque per esercitare il monopolio politico: battere moneta, garantire giustizia, riscuotere tasse. Ora non è così: nella repubblica internazionale del denaro, non è più lo Stato a scegliere 'come tassare la ricchezza, ma questa a scegliere 'dove' e per quanto essere tassata. Dunque mentre Cipputi resta a pagare imposte personali, prograssive e patrimoniali, le 'élites' del capitale, per ora, ma poi tanti altri, possono cominciare a considerare le tasse come 'commodity', come una merce qualsiasi esposta e trattata nella grande fiera internazionale delle tasse. Mentre i reazionari di sinistra ballano intorno al falò delle vecchie tasse che vanno in fumo, la sinistra deve cercare una nuova geografia fiscale e principi capaci di continuare realmente i suoi antichi ideali di giustizia. Caduta l'illusione che si possa spostare il mercato verso lo Stato, è lo Stato che deve andare sul mercato. Come gli antichi sovrani battevano le campagne, si mettevano sui ponti, sulle porte e nelle fiere, così la tassazione, nell'età del consumismo, va spostata sul territorio dalle persone alle cose. Questo volume si rivolge ai riformisti offrendo analisi ed elementi economico-istituzionali per dare un contenuto a questa prospettiva.
Momentaneamente non ordinabile