Storia dell'alfabetizzazione occidentale. 2.L'Età moderna
La storia dell'alfabetizzazione è di solito pensata in termini di mutamento; nel presupposto che essa equivalga a crescita e progresso, il graduale diffondersi delle capacità di leggere e scrivere è divenuto, tra gli sturdiosi e nell'opinione comune, l'elemento chiave di un processo che fece germogliare, da una società tradizionale e statica, il moderno Occidente. L'opera di Graff, con un'ampiezza di prospettive non solo temporale (dall'antichità al XX secolo), ma bibliografica e geografica, cerca di rivedere questo luogo comune alla luce di un'indagine in cui, più che il nesso causale, vince l'anomalia. Innanzitutto non è vero che l'alfabetizzazione aiuta il decollo economico; importanti passi aventi nel commercio e nell'industria furono fatti in epoche e regioni con livelli di alfabetizzazione straordinariamente bassi, né livelli derivati di acculturazione sono stati stimolo al progresso: più importanti sono invece le connessioni tra distribuzione e marketing, trasporto e comunicazione. In secondo luogo, se si considera l'alfabetizzazione come il processo di una tecnica di decodificazione o riproduzione di materiali scritti, non si può dimenticare che fu concepita e condizionata dal mondo orale, e che era priva di quelle connotazioni di status sociale, sapienza e potere acquisite solo molto più tardi. Una volta caduti i due miti complementari del nesso casuale progresso-alfabetizzazione e dell'antagonismo orale/scritto, è possibile tracciare l'intricata storia che condusse l'Occidente ad accultarsi, dai primi sistemi alfabetici all'attuale discredito in cui sembrano essere caduti il libro, la lettura e la scrittura a favore di altri mezzi di comunicazione.
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