La morte negli occhi. Figure dell'altro nell'antica Grecia

La morte negli occhi. Figure dell'altro nell'antica Grecia

A partire dalle opere di Omero, Esiodo, Erodoto, Callimaco, Jean-Pierre Vernant analizza, nella cultura greca, la costante di una opposizione tra Altro e Identico, civiltà e selvatichezza, ideale apollineo e frenesia dionisiaca. Emblemi di questa eterna oscillazione sono tre divinità variamente collegate ai riti di passaggio e riconducibili ad una medesima sfera del soprannaturale: Dioniso, Artemide, Medusa, dèi con la maschera. Ma l'esperienza dell'Altro è evocata a diversi livelli. Dioniso, dio del teatro, fa irrompere nel quotidiano l'ebbrezza perturbante e il delirio estatico in forme liberatorie e socialmente accettate; Artemide, dea della caccia e delle zone liminari (tra umano e ferino, tra adolescenza e età adulta) assolve anche una funzione di mediatrice nella sua veste di dea dell'ospitalità. E' solo nei tratti deformanti della maschera insieme orrida e grottesca di Medusa che l'immaginario greco proietta l'alterità assoluta ed elabora la propria idea della morte. Figura del disordine cosmico, dell'irriducibile e dell'indicibile, lo sguardo pietrificante di Medusa delimita la soglia oltre la quale si stendono le tenebre della Notte.
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