La teoria delle crisi economiche da Marx a Sweezy
Nel pensiero marxiano -semplificando assai- il fenomeno delle crisi economiche attraversa periodicamente i sistemi capitalistici per sovra-investimenti, eccessi di produzione, carenze di domanda; ovvero a causa delle imperfezioni naturali ed ineliminabili del capitalismo. Sproposizioni ed eccedenze sono per quell'Autore inevitabili nel procedere del sistema, anzi per così dire necessarie. Esse costituiscono la prova progressiva dello squilibrio dell'ordinamento capitalistico, squilibrio che deve forzatamente addurre al dramma finale altrettanto ineluttabile: lo Zusammenbruch nel quale il capitalismo precipiterà e dal quale emergerà la nuova società senza classi. Il tema è peraltro ben più complesso, e dall'Ottocento fino agli anni '70 del Novecento, nel mutare assiduo delle contingenze macroecomiche, esso è stato declinato dagli studiosi marxisti in una quantità di forme: a queste è dedicato il presente lavoro. Quelle forme paiono nondimeno rilevanti anche dal punto di vista economico-aziendale: esse infatti, per quanto talora eclettiche, trattano poi sempre i problemi composti delle produzioni dei mercati, delle imprese, dell'agire dei soggetti economici, sebbene in una sistematica ove: il sistema macroeconomico è ambito preminente di manifestazione delle crisi; l'azione delle imprese scomparse più che aggregata nelle macrodinamiche del capitalismo, peraltro stilizzate; le condotte degli imprenditori vengono meramente sintetizzate nella "legge universale del profitto"