Il pensiero economico nell'Italia repubblicana
Il pensiero economico italiano affonda le radici nel Medioevo. Assume rilevanza nel Rinascimento e nell’Illuminismo. Si afferma nel primo cinquantennio dell’Italia unificata con personalità quali Ferrara, Pantaleoni, Pareto, Barone, De Viti de Marco, Einaudi, Ricci. Nelle due guerre e nella parentesi fascista tale tradizione si appanna. L’apertura dialettica dischiusa dall’Italia democratica, repubblicana, dopo il 1946 e il ristabilirsi delle relazioni culturali con l’estero favoriscono un recupero degli studi di economia. Il volume, collettaneo, in venti capitoli ne traccia il bilancio tra il secondo dopoguerra e oggi in campi che vanno dalla distribuzione alla crescita, dalla moneta alla fiscalità, dall’ambiente alle decisioni in condizione d’incertezza. Nello spirito della Treccani, che celebra nel 2025 il proprio centenario, vengono segnalati contributi di alto livello scientifico. Soprattutto, se ne valorizza l’insieme. In un positivo eclettismo critico l’indirizzo teorico neoclassico, oggi prevalente nel mondo, si è unito a quelli classico, marxista, schumpeteriano, keynesiano, monetarista, giuridico-istituzionale, storico, statistico-matematico. La moderna analisi economica italiana si distingue per la varietà, la gamma, quindi la ricchezza dei metodi, dei riferimenti teorici, dei risultati.
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