La legge nel pensiero greco. Dalle origini ad Aristotele

La legge nel pensiero greco. Dalle origini ad Aristotele

"I greci, così gelosi della loro indipendenza, sono sempre stati fieri di proclamare la propria obbedienza alle leggi". Con questa affermazione Jacqueline de Romilly illumina con chiarezza l'oggetto del suo saggio: la dicotomia tra legge convenzionale e legge naturale, tra politica e morale. Nella Grecia antica l'obbedienza si traduce nel rispetto della volontà del popolo, poiché la legge è frutto di un patto tra gli uomini, di consuetudini e convenzioni. Proprio per questa sua specifica natura la legge greca è stata oggetto di una ininterrotta riflessione, che ha preso le mosse dal pensiero presocratico, si è affinata sotto l'influenza aristotelica per culminare nel V secolo a.C., quando furono radicalmente messi in discussione i valori e le nozioni tradizionali. Il 'punctum dolens' risiede proprio nell'essenza stessa della legge: poiché trae la propria forza da un consenso iniziale e non si fonda sulla natura, non ha alcun garante a cui potersi appoggiare. A differenza della legge ebraica, quella greca non è rivelata: non si fonda su un ordine trascendente, non è assoluta ma relativa e quindi non ha alcun valore normativo. Proprio a partire dalla crisi del pensiero giuridico e politico nella Grecia classica - un momento fondamentale per la storia della civiltà greca come per quella delle dottrine politiche in generale - Jacqueline de Romilly offre una ricostruzione di ampio respiro e indaga la genesi di idee che sono il cardine del pensiero moderno.
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