Mussolini razzista. Dal socialismo al fascismo: la formazione di un antisemita
Le leggi razziali costituiscono senza dubbio uno degli elementi chiave per valutare, prima ancora che le colpe, la natura del regime fascista. Furono solo la terribile conseguenza dell'alleanza con Hitler e della subalternità dell'Italia al razzismo nazista? O invece si trattò davvero, come sostenne lo stesso Mussolini, del risultato coerente del razzismo che caratterizzò profondamente il fascismo e la sua dottrina? Era vero, come, su indicazione del duce, dichiarò ufficialmente il Partito fascista nel 1938, che "tutta l'opera che finora ha fatto il Regime in Italia è in fondo del razzismo"? Di certo, fino a quell'epoca il razzismo e l'antisemitismo mussoliniani non erano sfociati negli accenti espliciti, esagitati e isterici del "Mein Kampf" e delle violenze naziste. Eppure, anche prima del 1938 l'azione razzista e antisemita di Mussolini fu ampia e talvolta violenta, anche se per lo più segreta. Per valutare l'atteggiamento del duce è però necessaria un'attenta ricostruzione storica: è quella che conduce Giorgio Fabre in "Mussolini razzista", risalendo fino agli anni della formazione ideologica dell'agitatore e politico socialista, per individuare le fonti e le evoluzioni del suo pensiero. Il libro si concentra quindi sugli anni dell'ascesa del giovane leader, sul profilarsi delle sue aspirazioni ideologiche, sulle sue alleanze, sui compromessi (talvolta finanziari) e sull'immagine internazionale che si andò creando. Particolare interesse assumono i rapporti con varie personalità di origine ebraica, tra cui Margherita Sarfatti, amica e partner intellettuale; e Giuseppe Toeplitz, direttore della Banca Commerciale e finanziatore del giornale di Mussolini, "Il Popolo d'Italia". Il percorso ideologico e politico di Mussolini rivela una notevole tortuosità, ma anche una grande coerenza: da un lato emerge la solida continuità delle sue convinzioni razziste; dall'altro, la scelta di non esplicitarle in pieno e la prudenza e l'opportunismo oculato con cui vennero applicate. Proprio con riferimento alle iniziative discriminatorie messe da lui in atto contro vari ebrei, sia nel periodo di "formazione" sia in quello immediatamente successivo, il libro porta alla luce molti episodi significativi. Tra questi, la sorprendente e inedita richiesta del certificato di battesimo di un bambino, figlio di un funzionario della Banca d'Italia, fatta qualche giorno dopo la firma del Concordato, il 1° marzo 1929. Ma questa è solo una - anche se particolarmente odiosa - fra le molte vicende che Giorgio Fabre ha ricostruito. La personalità del duce assume così nuove sfumature e la politica fascista della razza viene finalmente illuminata nelle sue radici più profonde: dopo "Mussolini razzista", il giudizio sul regime e sul suo ruolo è destinato inevitabilmente a cambiare.
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