Il farmacista di Auschwitz
Viktor Capesius, il farmacista di Auschwitz, seleziona personalmente le vittime, le fa spogliare per mandarle a morire, distribuisce dosi di Zyklon B, il gas letale. Fra i condannati, non solo sconosciuti, ma anche tanti suoi antichi vicini di casa a Sighisoara, gli stessi che in una fotografia degli anni Trenta lo circondano sorridenti in uno stabilimento balneare della piccola cittadina. Tutti suoi compaesani, come Ella Salomon che da ragazzina entrava nella farmacia per ricevere in dono qualche caramella, e che ora si arrampica fino alla piccola feritoia del vagone deportati per cercare un po' d'aria, nel tentativo di non impazzire, come molti altri accanto a lei; il dottar Mauritius Berner, che appena arrivato al campo si vede strappare dalle braccia, mute e atterrite, le sue gemelline di soli sei anni, che moriranno poche ore dopo soffocate dal gas e dal peso di duemila cadaveri sopra di loro; o Adam, il deportato costretto a entrare a far parte del Sonderkommando Crematori, un uomo che, dentro di sé, custodisce ricordi che sono come bestie nere. Che gli stanno alle costole, e ridono, e ghignano. Tutte le notti. Atrocemente.
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