Il quinto atto
Attraverso i vari romanzi e racconti, oltre che con i suoi film, Ingmar Bergman ha già ampiamente dimostrato il proprio talento narrativo e una vocazione di scrittore nel filone della letteratura scandinava che ha in August Stridberg un preciso punto di riferimento.Nei testi in forma drammatico-narrativa che ha raccolto nel "Quinto atto" la letteratura e lo spettacolo trovano un nuovo punto d'equilibrio. Nel "Monologo" iniziale, un anziano attore si fa portavoce dello stesso Bergman e ne espone le intenzioni. "Dopo la prova" è la sceneggiatura dell'omonimo film per la TV, un serrato e crudele dialogo tra l'anziano regista Vogler e le sue interpreti: la giovane Anna e la più matura Rakel. "L'ultimo grido", ambientato nel 1919, propone il tragicomico incontro fra un potente produttore, Charles Magnusson, e un regista cinematografico "eccezionalmente eccezionale", Georg af Klecker. Con "Vanità e affanni" si passa al 1925, nella clinica psichiatrica dell'Università di Uppsala dov'è ricoverato l'inventore petomane Carl Akerblom, lo zio preferito da Bergman: al centro del testo sono il suo fidanzamento con la bella e giovane Pauline, la loro tournée con il Primo Film Parlato dal Vivo, un progetto di scenggiatura su Franz Schuber, il progetto di una "cinematocamera" che sia al tempo stesso cinepresa e proiettore...Bergman va da un lato alla ricerca delle radici più profonde della creatività, dall'altro si interroga sulla moralità dell'arte.A unificare questi testi è dunque la riflessione sul proprio lavoro così come lo vive un artista: sulla propria pelle, nella propria carne. Soprattutto, Bergman usa il teatro e il cinema come occasioni di conoscenza e di consapevolezza: per i creatori, ma anche per gli spettatori.