Trinità dell'esodo
Eugenio De Signoribus ci aveva lasciato, nell'interlocutorio finale delle Poesie (1976-2007), davanti alle figurazioni delle Soste ai margini: figurazioni che mostravano uno stato di scorata paralisi, ma che persistevano, anche, in un appello affratellante e volgevano infine quella stasi in un tempo dell'attesa. Ora il percorso riprende sotto l'insegna di un titolo insieme suggestivo e puntuale nel portato simbolico degli addendi: il tre, numero del risanamento della disarmonia nell'unità e del superamento dell'alterità nella moltitudine, e l'esodo, figura di un itinerario di salvezza comune, subito posto come irriducibile richiesta dello sguardo utopico. Tre, dunque, le parti che compongono un insieme di tesa, rastremata coesione, articolato al suo interno in un ricco avvicendarsi di episodi e invenzioni formali; un trittico - Evo paterno, Cruna filiale, Rua dello spirito - attraversato dall'immagine del viandante e disseminato degli stigmi di un resistente essere verso: alla sconvolta oscenità dell'era dei padri volgono le spalle i figli con il loro "volto di purezza", verso l'epifania di una voce che "per l'opposta vena / va pellegrina o sta / col suo tormento", rivela "io sto con te da sempre" e fermamente chiede "aprimi, una buona volta!... / tu hai già un passaggio / e ancora scavi e tremi / sei nel tuo inquieto infinire / e io nella tua parola / una pellicola nella tua carne / nel così dover vivere".