Dottrina dell'estremo principiante
In "Dottrina dell'estremo principiante" Mario Luzi riesce magistralmente a conciliare gli opposti. La libertà formale si associa al rigore del pensiero. Una lingua preziosamente distillata, molata con cura paziente, sgorga limpida, con felice naturalezza. La lezione dei grandi maestri della tradizione, a cominciare da Dante e Petrarca, si innerva di inquietudini affatto moderne. Il sentimento della materia, la rivelazione della bellezza delle creature, assecondando il respiro delle stagioni, si fanno meditazione sulla realtà profonda delle cose e sulla santità del creato. Una saggezza che è frutto dell'esperienza erompe con freschezza tutta giovanile. Questa raccolta, dove l'alba e il tramonto s'intrecciano e riverberano in ogni istante, rivela una seducente complessità musicale, modulata per temi e melodie che ritornano e s'inseguono, come in una sinfonia. In questo ampio panorama, che si apre per squarci improvvisi e trova pause di raccolta meditazione, il poeta getta il suo sguardo terso, per cercare di dire - con tutto il pudore possibile - la 'maestà del mondo'. Persino l'ombra pare illuminarsi, in un cantico che è meditazione sui tempi della vita: quello del cosmo, quello della natura e quello dell'uomo, sempre sospeso tra l'attimo presente e l'eternità, tra il nulla e la pienezza dell'essere, tra il silenzio e la parola. Altrettante forme di perfezione che per un istante paiono coincidere nello spazio preciso e ardente di un verso, di una lirica.
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