Teatro. Vol. 2: Porcile-Orgia-Bestia da stile
Il mondo del teatro professionistico non piaceva a Pier Paolo Pasolini, gli era estraneo: a dominare sulle scene era infatti una lingua artificiale che a lui suonava falsa, artefatta, convenzionale. Eppure, a un livello più profondo un’urgenza nutriva la sua creatività, e intorno alla metà degli anni Sessanta, il tanto bistrattato teatro diventò quasi una via di fuga. «Sempre più mi accorgo che fare teatro non si improvvisa, è un’impresa che richiede l’impegno di una vita intera.» "Porcile": trasposto in seguito al cinema, mette in scena la separatezza insuperabile tra potere e individuo, una barriera tra loro che però è anche l'unica tutela che il diverso può avere per difendere la propria trasgressione. "Orgia": due coniugi piccolo-borghesi travolti da passioni sadomasochistiche che li conducono fino all'efferatezza e al suicidio finale. Vicenda che vuole essere metafora delle pulsioni oscure e violente che ci agitano nel profondo e che ci mettono contro il potere. "Bestia da stile": attraverso la tragica vicenda di Jan Palach, Pasolini inscena la sconfitta disperante dell'impegno politico e soprattutto della poesia. Prefazione di Oliviero Ponte di Pino.