Proibitissimo! Censori e censurati della radiotelevisione italiana
Ci sono state epoche in cui non si potevano ascoltare "Crapa pelada" e "Pippo non lo sa", e poi Modugno ("nun me 'mporta 'e chi t'ha avuto") e "Il cielo in una stanza". I brani di Celentano, Gaber e Dalla venivano 'corretti'. "Saint Louis Blues" diventava "Le tristezze di san Luigi" e le gambe delle ballerine dovevano essere inguainate in calzamaglie a righe. Non era lecito dire 'alcova', 'divorzio', 'verginità', 'gozzoviglie' e neppure 'membri del parlamento' o 'amante della libertà'. Si tagliavano i versi di Carducci e Pascarella, le commedie di Eduardo e "La dolce vita". I gialli dovevano essere ambientati in Sudamerica, uno sketch sugli infortuni sul lavoro si pagava con il licenziamento da "Canzonissima" e si bruciavano gli archivi con i filmati delle manifestazioni sindacali. La storia dei mezzi di comunicazione è prima di tutto la storia di quello che si può dire e degli argomenti di cui non si può parlare. A segnare la loro evoluzione non sono solo le censure autoritarie, ma anche le varie forme di autocensura, spesso incoraggiate da 'norme di comportamento' e 'codici di autodisciplina'. La maniacale attenzione al linguaggio e ai gesti, alla sfera politica e religiosa e naturalmente al sesso limita annunciatori e redattori dei notiziari, le inchieste e i varietà, ma soprattutto comici e satirici, soubrette e cantanti. Seguendo le mosse degli uni e degli altri "Proibitissimo!" aiuta a comprendere l'evoluzione del costume di un'intera società. Menico Caroli racconta con brio e precisione le vicende di censori e censurati della radio e della televisione italiana, dagli anni del fascismo alla Seconda repubblica: gli scandali che hanno segnato un'epoca, suscitando campagne moralizzatrici o rivolte libertarie, ma anche episodi dimenticati, che mettono in luce meccanismi più subdoli di controllo. Compresa la forma più attuale e sottile di censura: quella possibilità di dire e fare tutto, che rende ogni immagine simile alla precedente, pone sullo stesso piano realtà e finzione, disarticola ogni gerarchia rendendoci tutti 'animali da confessione televisiva'. Finché una nuova, esplicita censura- come quelle di cui siamo stati testimoni in questi mesi- non riaccende le nostre passioni civili.
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