Oblomov
E' probabile che "Oblomov" appassioni alla letteratura russa chiunque gli si avvicini e abbia la pazienza di leggerlo con attenzione, soprattutto tra le righe. La storia, di per sé, non è una novità, nel senso che si limita a raccontare le vicissitudini di un giovane uomo, Il'ja Il'ic, che senz'arte né parte trascorre le sue giornate nel modo più opulento possibile, stando per lo più sdraiato a letto o sul divano, ingannando il tempo con espedienti infantili oppure chiacchierando vacuamente con chi gli capita a tiro. Egli è colto, conosce le buone maniere, vive di rendita, ma è afflitto da un'eccezionale pigrizia, che la sua condizione sociale gli permette oltretutto di dilatare a piacere. Vi sono risibili siparietti comici col suo altrettanto infingardo domestico Zachàr, dotti scambi d'opinioni filosofiche coll'amico Stolz, perfino la possibilità di un amore corrisposto con la graziosa Ol'ga. Tuttavia, Oblomov non sarà sempre in grado di vincere se stesso, di superare i limiti posti dall'"oblomovismo", come lui spesso dice. In questo caso, il romanzo è una parabola, un'allegoria, una spietata critica nei confronti dell'aristocrazia russa di fine Ottocento, decadente, esausta, ripiegata su se stessa, incapace di cogliere i paradossi sociali e culturali del proprio tempo e di mettere in atto quel programma di riforme di cui la società aveva disperato bisogno. (Alessandro Segatto)