La luce fluente della Divinità
A leggere oggi, da una prospettiva femminile, "La luce fluente della Divinità", l'opera più rappresentativa della corrente di spiritualità medievale denominata 'mistica nuziale', si rimane sopraffatte dalla forza evocativa, dalla profonda sensualità del linguaggio con cui Mechthild von Magdeburg trasmette l'esperienza mistica', per essenza ineffabile, dell'incontro con Dio, nonché dalla verità di quanto ci viene rivelando circa la natura dell'amore e l'origine della scrittura.E' infatti un Dio non scolastico, non pensabile né definibile, un Dio che si manifesta in modo immediato e sensibile come desiderante, quello a cui l'Anima eleva il suo inno d'amore. Ed è l'alterità in cui il desiderio traspone l'oggetto, la sua presenza/assenza, vicinanza/distanza, la differenza dunque fra amante e amato, a inaugurare la scena della scrittura femminile.Con le opere delle mistiche medievali, i chiostri e le comunità di beghine diedero luogo al primo intervento delle donne in un dominio fino allora maschile: la letteratura. Dettati dall'esperienza interiore, espressione della loro avventura spirituale, molti di questi scritti furono composti in lingua volgare. Così "La luce fluente della Divinità", che fu addirittura il primo testo in prosa di lingua tedesca, costituendo al contempo un capolavoro di invenzione linguistica e di creazione letteraria, sia nel complesso alternarsi ai 'semplici' brani narrativi di versi altamente lirici, passi didattici o critici, sentenze e aforismi, sia dell'impiego inaudito di metafore, ossimori e paradossi. L'originale dell'opera è andato perduto da secoli, e l'unica traduzione completa in alto tedesco - su cui è stata condotta questa rima traduzione italiana integrale - è costituita dal codice del convento di Einsiedeln, un manoscritto del XIV sec. edito da Padre Gall Morel nel 1869.
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