Movimento di unità popolare e crisi del centrismo
La breve esperienza di Unità popolare si presta a essere osservata e interpretata da punti di vista diversi. Il convegno, di cui qui si pubblicano gli atti, ne ha proposti alcuni. Unità popolare come ripresa e superamento dell'azionismo; come 'fucina' nel centro-sinistra e, contemporaneamente, come premessa per la critica di quella formula di governo, come opposizione al comunismo, ma anche come rifiuto di un fronte anticomunista timoroso di ogni riforma, come idea di unificazione e rinnovamento della sinistra e come tentativo di costruire alleanze che avrebbero finito invece per suddividere ulteriormente quello schieramento politico. I temi che appassionarono allora i membri di quella piccola organizzazione riflettono oggi nitidamente i passaggi cruciali dell'attività politica di quegli anni in Italia, lasciando intravedere sullo sfondo il travaglio di una società in trasformazione. Luciano Bianciardi, che di unità popolare fece parte, fu attento osservatore di quel radicale mutamento: anzi, da esso si lasciò coinvolgere in prima persona. La sua vita, trascorsa fra Grosseto, Milano, Rapallo e, di nuovo, Milano ci appare quasi una intenzionale sperimentazione dei tratti inediti e spesso drammatici che andò assumendo allora il rapporto, da sempre problematico, fra la periferia e la grande metropoli. Il suo tentativo di abbattere la separatezza della provincia e di stabilire un rapporto fra la sua cultura secolare e la modernità dovette registrare un fallimento: nonostante la maggiore facilità dei movimenti e la rapidità enormemente accresciuta delle comunicazioni, le distanze, anzichè diminuire, si approfondirono. La critica allo sviluppo economico, di cui la periferia era naturalmente portatrice, non trovò nella metropoli un soggetto sociale che ne facesse carico: ne risultò l'emarginazione di classi sociali, di territori ed aree culturali e infine la resa e l'omologazione ai modelli dominanti. La parabola di Unità popolare non è estranea a questa [...]
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