La dama che ha perduto il suo pittore

La dama che ha perduto il suo pittore

1906: un'auto sfreccia per le vie d'Europa. Il finestrino ritaglia una mascella avvolta nel fumo di un avana: un americano collezionista di dipinti antichi porta con sé un capolavoro del Cinquecento, ennesima preda che lascia l'Italia. Ma il capolavoro è un falso, un capolavoro di falso, tanto che non riesce a riprendersi i panni di falso, neanche con l'aiuto del suo artefice. Al termine di una ricostruzione filologica ma gustosamente ironica, Bourget lascia dietro di sé le ceneri di una cadavere eccellente: non già quello di un personaggio che riunisce, nasconde e affossa figure come Berenson, Morelli, Venturi, bensì quello di tutta la critica d'arte, la cui presunta scientificità fondata sui principi di metodo è rimessa in gioco da interferenze esterne: il mercato internazionale, i falsari, il trapasso dalla quadreria aristocratica al collezionismo capitalistico e persino le mutevoli vicende sentimentali.
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