La macchina del tempo
La straordinaria fantasia di Wells in un romanzo distopico che travalica ogni cateoria di genere.«Se non avrà successo, saprò trarne le conseguenze.» Sono le parole che Wells, al tempo giornalista giovane e squattrinato, rivolge a un amico prima che La macchina del tempo uscisse a puntate sulla "New Review". Quello che Wells non poteva immaginare fu non soltanto il clamoroso successo della sua storia, ma che il romanzo avrebbe inaugurato una serie di romance scientifici (L'isola del Dottor Moreau, La guerra dei mondi, L'uomo invisibile, Il risveglio del dormiente) proiettando Wells, nell'arco di soli tre anni, nel firmamento dei più grandi scrittori iconici e visionari di fine secolo. Il Viaggiatore del Tempo, scienziato eccentrico e idealista, fabbrica una macchina grazie alla quale è in grado di visitare il mondo dell'anno 802701. La realtà che si offre ai suoi occhi è agghiacciante: l'evoluzione umana ha prodotto due specie diverse, gli Eloi, creature gioiose, fragili e infantili, e i Morlock, esseri mostruosi e ripugnanti che escono di notte, col favore della luna, massacrando i delicati Eloi, per poi nutrirsene. Un'ulteriore incursione nel futuro più lontano ci mostra una terra desolata, priva di qualsiasi forma di vita, eccetto una misteriosa creatura simile a un pallone con i tentacoli. È una visione spettrale, l'epifania di un mondo senza speranza, che fa di Wells uno degli ultimi grandi scrittori moralisti occidentali. Vibrante "opera aperta", romanzo polimorfo e distopico, Wells consegna per la prima volta al genere fantascientifico il compito privilegiato di dare forma alle nostre inquietudini esistenziali, regalandoci una prospettiva disperata ma profondissimamente moderna.