Eloisa e Abelardo. Lettere

Eloisa e Abelardo. Lettere

"Quelle gioie da amanti che provammo insieme mi sono state tanto dolci che non possono nè dispiacermi nè sfuggirmi dalla memoria. Dovunque mi volga sono sempre presenti ai miei occhi e mi accendono di desideri. Anche quando dormo la loro suggestione mi tormenta. Perfino durante i solenni riti, quando più pura deve essere la preghiera, le immagini impudiche di quelle voluttà inchiodano tanto nel profondo l'infelicissimo mio animo che mi sento disposta più a quei turpi godimenti che alla preghiera. E cosi, mentre dovrei gemere per quel che ho commesso, piuttosto sospiro per quel che ho perduto. E non quel solo che facevamo allora, ma anche i luoghi e i momenti in cui godemmo, e tu stesso, mi siete a tal punto dentro l'animo che agisco come se fossi con te in quel tempo, e nemmeno quando dormo riesco ad avere pace da queste immagini. Talvolta anche i miei movimenti tradiscono i pensieri dell'animo e la parola mi prorompe incontrollata. Oh me infelice! come potrei ben ripetere il lamento dell'anima dolente: 'Infelice me! chi mi libererà da questo corpo di morte?'. Almeno potessi aggiungere sinceramente le parole che seguono: 'La grazia di Dio per Gesù Cristo nostro Signore'. A te, o carissimo, questa grazia porse aiuto quando con una sola piaga ti liberò dai desideri del corpo, e così insieme anche da molti peccati dell'anima. Proprio per questo, invece di esserti nemico come può sembrare, Dio ti ha favorito, a guisa di un premuroso medico che non risparmia la sofferenza pur di conseguire la salute."
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