Di altre rive
Con un coraggio a tratti imprevedibile, i protagonisti di queste storie vivono incastrati nei ricordi, tra i paesi che hanno abbandonato – l’Irlanda, ma anche il Giappone – e quelli del loro presente – gli Stati Uniti, l’Inghilterra. C’è chi si nasconde in un bagagliaio per attraversare la frontiera tra Canada e Stati Uniti alla ricerca della propria sorella, diventata suora e ora ricoverata a Long Island, ammutolita e chiusa nella sua anoressia. Ci sono madri che, dopo l’emigrazione dei figli, ne pescano di nuovi nel “fiume nero pece”, mentre i padri giocano a calcio da soli. C’è un marito che colleziona quarti di dollaro sui quali la moglie dipinge nel tempo libero. C’è chi in Irlanda si è rifugiato dopo essere sopravvissuto al pikadon, la grande esplosione di Hiroshima, e ha tappezzato la sua casa di migliaia di fogli di carta da parati, rimpicciolendo le stanze. C’è chi getta la sua bicicletta in un fiume dopo un incidente che lo ha costretto in sedia a rotelle. C’è un giovane immigrato irlandese che, stabilitosi a San Francisco, guarda il corpo distrutto del suo compagno mentre l’Aids lo uccide. Perseguitati da un senso di irrisolutezza che non sembra trovare consolazione, i personaggi di McCann riescono immancabilmente a rimanere a galla nella tragedia quotidiana, alla quale, comunque, non si arrendono.