La vita secondo Isabel. Isabel Allende da «La casa degli spiriti» a «La figlia della fortuna»
"Generalmente ci vediamo in modo diverso da come ci vedono gli altri. Impariamo presto a usare maschere che cambiano con tale frequenza da renderci incapaci di riconoscere il nostro volto nello specchio. Queste lunghe interviste con Celia mi hanno obbligato a fermarmi e a riflettere sul mio destino e sul mio lavoro. La scrittura è per me un tentativo disperato di preservare la memoria. Sono un'eterna vagabonda e sul mio cammino restano i ricordi, come brandelli strappati al mio vestito. Scrivo perché l'oblio non mi vinca e per nutrire le mie radici, che ormai non affondano in nessun luogo geografico, ma solo nella memoria dei libri che ho scritto. Spesso, mentre cerco l'ispirazione davanti a una pagina bianca, chiudo gli occhi per un istantee ritorno nella cucina della casa dove sono cresciuta e alle straordinarie donne che mi hanno allevata: mia nonna, che mi insegnò a interpretare i sogni; mia madre, che ancora oggi mi obbliga a giudicare gli eventi a posteriori e la gente da quello che ha dentro; le anziane domestiche che mi trasmisero i miti e le leggende popolari e mi avviarono al vizio delle radionovelas; le mie amiche femministe che negli anni Sessanta cospiravano per cambiare il mondo; le giornaliste che mi insegnarono le leggi del mestiere. Da loro appresi che la scrittura non è fine a se stessa, ma è un mezzo per comunicare. Che cos'è un libro prima che qualcuno lo apra o lo legga? Solo un insieme di fogli incollati da un lato... Sono i lettori a dargli un alito di vita."Isabel Allende.
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