La morte di Virgilio

La morte di Virgilio

"Chiuso in una cella delle prigioni naziste, da cui è convinto di non poter uscire vivo, uno scrittore più che cinquantenne, già favorevolmente noto al pubblico degli intenditori, ma dolorosamente consapevole di non aver saputo creare ancora il proprio capolavoro, fa il suo esame di coscienza: si scopre colpevole di essersi troppo occupato della propria età, del 'romanzo', cioè dello studio psicologico-sociale della propria generazione e della generazione precedente, trascurando di ascoltare la voce più pura dell'anima, l''inno' che prorompe da profondità non ancora esplorate; e si riconosce in Virgilio che in punto di morte credette di dover dare alle fiamme la sua "Eneide" o, più esattamente, si prepara ad affrontare con raccolta, ferma consapevolezza l'esperienza della morte, narrando a se stesso l'ultima giornata terrena di Virgilio. Il poeta romano, che pur aveva ascoltato, come il suo eroe, la voce della Sibilla, mancò secondo Broch alla propria missione, perché compose un poema politico invece del poema del mistico trasumanamento che era chiamato a comporre; perciò almeno la sua morte, come Broch immagina di doverla narrare, dovrà essere un capolavoro compiuto e definitivo, quel supremo rito di purificazione al cui ideale tutta la sua vita e tutta la sua opera poetica si sarebbero dovute conformare." (Ladislao Mittner)
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