Misto maschio
Estremo, cattivo, malsano, volgare. E comico. Così suona questo crudele "romanzetto" (così lo chiama l'autore) in due atti. Nel primo atto si racconta di una donna, frustrata dalla vita coniugale, ma prossima a riscattarsi grazie alla sorprendente mutazione genetica che la arma di un pene vendicatore. Nel secondo atto un giornalista immalinconito dalla professione deve arrendersi alla progressiva metamorfosi, fisica e psichica, di cui è attore e spettatore: una vagina apertasi nel cavo popliteo lo espone alle lubriche attenzioni del suo medico e a una passività quantomai femminile che ne farà prima un "sedotto abbandonato", poi un "ragazzo padre". "Misto maschio" è una grottesca riflessione sull'instabilità dei ruoli (sessuali, certo, ma anche sociali), sulla confusione culturale, sulle malferme fondamenta del mondo contemporaneo. E, di soppiatto, è anche un sapido ritratto di una classe - la piccola borghesia - essa per prima instabile compagine di una società che va perdendo la tradizionale saldezza della sua struttura.
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