Sarabanda. Oratorio in tre tempi per voce sola
Un monologo in tre tempi. Siamo in una barca al largo di una costa probabilmente italiana, a bordo un'umanità variegata. Il primo tempo è dedicato alle storie dei "passeggeri". Di Laila, che vuole fare il dottore dei bambini, di Zara, gatta persiana con la sua montatura sdentata, di Kappa che incide la sua iniziale sul legno. Ci sono uomini e donne, in fuga, disperati, poveri di beni e ricchi di speranze. E su tutta questa umanita la Voce, che canta le loro vite, le annuncia, le implora, le esorta. Il secondo tempo parla delle cose d'amore. E sulla barca c'e Sarabanda. "C'è Sarabanda d'umanita fra noi e dentro di noi. E Sarabanda di mille voci che onorando l'amore rendono onore alla multiforme umanità di metamorfosi. All'umanità multicolore. Fra noi e dentro di noi." Il terzo tempo è dedicato al silenzio. Sulla barca non c'e più nessuno. La costa si avvicina e la voce sembra chiedersi: "Cosa ne è stato delle speranze? Ne è valsa la pena?". Salvatore Veca "gioca" con la lingua del teatro e del racconto (innumerevoli sono le contaminazioni tra fiction e filosofia, tra racconto e citazioni colte) per dar vita a un viaggio della speranza su una barca il cui equipaggio è l'umanità intera.