Pachidermi e pappagalli. Tutte le bufale sull'economia a cui continuiamo a credere
Un'analisi spietata dei pregiudizi e i luoghi comuni che inquinano i social, i giornali e i talk show, per separare quello che c'è di vero dalla menzogna e dalla propaganda. E avere le idee più chiare sul futuro che ci aspetta. "Si dice che le bugie hanno le gambe corte. Non è vero. Le bugie possono camminare molto a lungo. Il problema è che prima o poi finiscono per cadere. E quanto più a lungo camminano, tanto più disastrosa sarà la caduta" Il dibattito pubblico italiano spesso è influenzato da luoghi comuni sull'economia che non trovano alcun fondamento nella realtà. Ce n'è di ogni genere. Ci sono le bufale sull'Europa, molto in voga in questo periodo, per cui l'euro altro non è che un complotto ordito da oscure potenze nord-europee per affamare i paesi mediterranei. Ci sono quelle sulle banche, che non prestano soldi perché se li vogliono tenere (per farci cosa poi non si sa) e che ci è toccato salvare con 60 miliardi di soldi pubblici. Ci sono le bufale sui tecnocrati, incapaci e, forse, corrotti, che ci hanno fatto entrare nell'euro a un cambio sbagliato (che ha fatto raddoppiare i prezzi) e che hanno deciso, di loro iniziativa, di impedire il finanziamento del deficit pubblico stampando moneta (da qui la rovina dei conti pubblici italiani). Ci sono quelle sulle pensioni, secondo cui i problemi di sostenibilità del sistema pensionistico italiano non derivano da forze demografiche (invecchiamento della popolazione, crollo delle nascite), ma dalla malvagità di qualche ministro di governi dell'austerità. E così via. Spesso nelle bufale ci sono elementi di verità. Ma è importante, se vogliamo capire l'economia del nostro paese e quella mondiale, saper distinguere questi elementi di verità dalle esagerazioni che vengono ad arte create da una martellante propaganda sui social e, sempre più, sui media tradizionali, per indirizzare l'opinione pubblica secondo strategie ben definite. Questo è quello che fa Carlo Cottarelli analizzando i pregiudizi e le fake news che inquinano il dibattito italiano, per separare quello che c'è di vero dalla propaganda e liberarci dallo sciame velenoso di idee sbagliate che si è diffuso negli anni dell'Italia "populista". Senza dimenticare che esistono bufale più tradizionali, quelle dell'establishment, che pure sono fuorvianti. Il libro si chiude con un capitolo sulle "tecniche di disinformazione" perché, se si capisce come le bufale vengono preparate, diventa più facile non farsi prendere per il naso.