Sullo Stato. Corso al Collège de France. Vol. 2: 1990-1992.
Un grande pensatore della sociologia contemporanea esplora la genesi dello Stato e svela il mistero della sua finzione collettiva. “Lo Stato si costituisce progressivamente come una vera e propria banca centrale del capitale simbolico.”Definire lo Stato richiede, secondo Pierre Bourdieu, il coraggio di sfidare un'impresa folle e smisurata. Ma tentare l'impossibile è il mestiere e l'ambizione del sociologo. Da un'immensa quantità di dati si tratta di costruire un modello, cioè un insieme di proposizioni sistematicamente connesse e verificabili che spieghi un insieme di fatti storici il più ampio possibile. Solo allora si potrà dire cosa sia lo Stato. I corsi che Bourdieu tenne al Collège de France tra il 1989 e il 1992, di cui questo volume raccoglie la seconda parte, mettono in scena questa formidabile impresa. «Bisogna rompere con le grandi teorie, come si deve rompere con il senso comune e diffidare della comprensione immediata.» Così facendo, sarà possibile «riappropriarsi delle categorie del pensiero di Stato che lo Stato ha prodotto e inculcato in ciascuno di noi». Lo Stato inteso come autorità sovrana esercitata su un certo popolo e territorio è un enorme feticcio, una vera e propria «banca del capitale simbolico». Ogni istituzione, spiega Bourdieu, per avere successo deve esistere «nelle cose e nei cervelli», grazie a regole riconosciute e condivise, dunque deve avere consenso. E, soprattutto, deve promuovere l'oblio della propria genesi. Queste lezioni ci invitano a non dare per scontato quello che il nostro senso comune considera naturale e necessario. Con un'analisi genetica della nascita dello Stato Bourdieu dimostra che l'invenzione più duratura della modernità, dotata di autorità e del potere di garantire l'ordine pubblico attraverso l'esercizio della violenza legittima, fisica e anche simbolica, è una potentissima illusione.
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