Malinconia
Forse all'inizio della vita dell'uomo non c'è il focolare intorno a cui la psicologia ha costruito se stessa. Prima del focolare, luogo di racconti lamentosi e consolatori, c'è il grido che aduna gli uomini in preda al terrore. Intorno a questo grido si snodano le pagine di Eugenio Borgna che, prima di guardare lo scompaginarsi della mente con l'occhio del medico, affonda lo sguardo in quella disarticolazione del linguaggio in cui, abolito ogni senso, è il grido a prodursi come disperazione del linguaggio. Finché si parla della malinconia con le parole e i toni dell'aspetto consolatorio non si capisce la verità della malinconia che fa retrocedere tutte le parole all'inarticolato, all'altezza del quale c'è solo il grido che talvolta interrompe la corazza opaca e spessa del silenzio che, massiccio, avvolge la solitudine malinconica. Eugenio Borgna non si fa ingannare dal silenzio malinconico. Non cerca di portarlo alla parola, come sarebbe nelle attese dei più. Eugenio Borgna fa un'operazione diversa. Perforando il silenzio cerca di raggiungere quel grido taciuto che è tale perché non c'è parola che possa esprimerlo. Chiudere le orecchie non serve. Se vogliamo capire qualcosa della nostra esistenza, non possiamo far tacere quel grido intorno a cui si raccoglie il primo segno che ci fa riconoscere un uomo nel deserto delle cose. Umberto Galimberti