Buritì
Intitolato al nome della palma emblematica che s'innalza nelle 'veredas', intrichi oscuri di vegetazione e acqua punteggianti il 'sertao', 'Buriti' è l'ultima e più ampia delle sette storie di "Corpo de baile" (1956), la grande saga collettiva aperta da "Miguilim". Critico e maestro indiscusso di tutta una generazione di critici italiani, Gianfranco Contini vi ha ravvisato "forse il culmine dell'autore" brasiliano, "il primo scrittore di alto profilo non solo nato, ma che abbia concluso la sua carriera, in questo secolo". "In Buriti, la resa di un ambiente di ordine, pulizia, frugale opulenza, specialmente in quanto mediata dall'ammirazione dei relatori, avvolge lungamente nelle spie di quella che non può essere definita altrimenti che felicità. Ma se ci si volge al 'libretto', una nota drammatica sigilla i destini delle due incantevoli figure femminili che abitano il 'Bom Burit': l'amato, lungamente atteso, sta per ritornare alla figlia dl padrone di casa, che intanto ha provocato ed esaudito il capriccio di un anziano vicino; la nuora, moglie ripudiata. Ospitata dal suocero, proprio alla vigilia della partenza riesce a consumare l'incesto. La lentezza di catastrofi così struggenti, preparate con pazienza flaubertiana o maupassantiana, è l'altra faccia, diabolica, della linda e lussureggiante 'verda'. Tipica di Guimaraes Rosa è questa 'double face della natura e degli eventi".
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