Lettere a Louise Colet (1846-1848)
"Ho seno, collo, spalle e braccia di grande bellezza. La pettinatura di un castano chiarissimo, composta di lunghissimi boccoli che ricadono sulle tempie, velano le gote e scendono fino alle spalle, mi attira molti complimenti. Ho la fronte alta, ben fatta, molto espressiva, le sopracciglia folte e finemente disegnate, gli occhi azzurro cupo, grandi, bellissimi quando ardono al fuoco del pensiero o delle sensazioni, ma spesso stanchi per il lavoro e le lacrime. Il mio naso è incantevole, distinto, raro. La bocca è piccola e fresca, il sorriso è, dicono, dei più gradevoli, buono, ingenuo..." Ecco l'autoritratto che Louise Colet consegna al suo diario, il 14 giugno 1846. Un anno dopo, tra questa donna e Gustave Flaubert nasce una relazione, tenera e tempestosa. Venticinquenne, "di una rara bellezza eroica", Gustave fino a quel momento era andato "a calmare su alcune i desideri suscitati da altre": in Louise trova "la sola donna che ho amato e che ho avuto", eppure si confessa presto troppo vecchio e cinico per amare ancora. Trentaseienne, già amante del noto filosofo Victor Cousin, Louise crede, romanticamente ostinata, alle ragioni del cuore. Sono entrambi scrittori, l'una di qualche fama, l'altro appena agli inizi, ma sprezzante di ogni favor di pubblico. Sono entrambi legati a un nucleo familiare, lei a un marito e a una figlia, lui a una madre. La loro vicenda è un ininterrotto tentativo di trasformare gli equilibri tra la "generosità" di un grande amore che diventa per Louise il centro della vita, e l'"avarizia" di un amore che per Gustave ha il suo posto ben definito tra gli affetti, le amicizie, i progetti di viaggi esotici e il sogno dell'Arte che ne domina l'esistenza. Agli slanci dell'amica, Gustave oppone, sotto i veli del sacrificio finale, la riserva dell'amato, la malinconica autosufficienza del prigioniero volontario. Alle sofferenze, alle riappacificazioni, alle accuse, all'odio seguirà il silenzio, per qualche anno; placate le tensioni, la [...]
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